mercoledì 26 agosto 2015

La paura di non provare emozioni

Leo tra le braccia della sua mamma
Mi sono imposto, in questo blog, di non parlare di una cosa che ha condizionato la mia vita e quella dei miei familiari. Di mafia, in un blog dedicato a mio figlio Leo, non avrei mai voluto parlare. E infatti lo farò solo per inciso. Chi vorrà potrà approfondire il discorso e la storia della mia famiglia sul mio sito personale. Ma se non ne volevi parlare perché ne parli? Vi spiego.

Negli anni dopo gli omicidi di mio nonno e di mio zio nelle nostre vite sono accadute tante cose. Molte belle. Abbiamo ricominciato a vivere. Io ho realizzato quasi tutti i sogni della mia vita: scrivere sui quotidiani nazionali, dare alle stampe i miei libri, lavorare nel mondo della comunicazione, fare radio ecc. Mi rendevo però conto che quando mi accadevano queste cose, cose che fortemente volevo, che desideravo e per cui mi ero fatto un mazzo così, non riuscivo mai a goderne appieno. Mi aveva turbato, per esempio, riceve in mano la prima copia del mio primo libro e non andare oltre una breve ed effimera soddisfazione. Del tipo: "Ah, bello".

In sostanza credevo di non saper più provare emozioni. Né belle né brutte. Che le vicende accadute alla mia famiglia mi avessero reso anaffettivo, che per diventare capace di non soffrire in modo cronico fossi diventato anche incapace di gioire (in modo cronico). Mi ero anche documentato. Temevo finanche di soffrire di alessitimia.
Disturbo che compromette la consapevolezza e la capacità descrittiva degli stati emotivi esperiti, rendendo sterile e incolore lo stile comunicativo. I pazienti alessitimici, oltre alle difficoltà nel riconoscere, nominare e descrivere i propri stati emotivi, presentano stati emotivi attenuati o completa incapacità di provare emozioni. 
Quando con Irene abbiamo deciso di provare a "fare" Leo, era una delle cose che più mi opprimevano: 
"Riuscirò ad essere davvero felice? Riuscirò a provare, come si dice, l'emozione più grande della mia vita?". 
Già dopo il test di gravidanza avevo sentito qualcosa di mai provato prima, molto vicino all'ebbrezza: mi sentivo ubriaco di gioia. E così dopo la conferma delle Beta, dopo le ecografie in cui vedevo il suo piccolo cuore e lo vedevo pian piano crescere. Però continuavo a chiedermi: 
"sto provando davvero questa emozione? O la sto costruendo? Ed è giusto provare ciò, o dovrei provare altro?".
Lo so, state pensando che sono folle. Nessuno può smentirlo in effetti. Cioè posso dirvi di no, se vi fidate. 

Il momento in cui è nato Leo ve lo racconterò. Quello che ho provato anche. Ciò che posso dire oggi è che, nella mia testa, la nascita di Leo è stato un altro schiaffo alla mafia. Dopo quelli che queste cose inutili avevano già ricevuto dalla mia famiglia. 

Ciò che posso dire oggi è che sì, so provare emozioni e che no, non sono malato, non sono alessitimico. Sono un uomo normale, felice, che dalla vita ha già avuto, a 30 anni, tutto ciò che voleva da bambino, che vive con una donna splendida che è anche una mamma fantastica, con cui sta crescendo un bambino che al mondo è la cosa più bella e preziosa. E che dalla vita ora si aspetta solo di godere di questa creatura. La sua bellezza, la sua purezza, la sua perfezione sono il più grande schiaffo, di rovescio, alla mafia. Il più grande di tutti. Leo è libertà, Leo è voglia di vivere, Leo è vera antimafia.

mercoledì 19 agosto 2015

"Abbiamo l'erede!"

Il primo berrettino di Leo. Azzurro.
"Sapete già se è maschio o femmina?". 
"No".
"Volete saperlo, eventualmente?". 
"Certo, basta vestitini gialli dottoressa". 
"Be', sembra che abbiamo l'erede...". 

Il 27 dicembre siamo al pronto soccorso ostetrico dell'ospedale Borgo Trento di Verona per un controllo di routine. La specializzanda azzarda il verdetto ma non scommette un caffè: "Per un momento mi è sembrato di vederlo, ma si è subito girato". Avrà ragione lei. Sarà Leo. Non Calliope/Penelope/Chloè. Sarà Leo, ma ha rischiato di essere Radja. Invece sarà Leoebasta. Perché Leo? Per due ragioni: 

- il papà ha due cognomi e non corti. Con un nome lungo avrebbe iniziato a scriverlo in prima elementare e finito in terza media. E poi in fondo la penso come il fine pedagogista Troisi

- Leo perché papà e mamma amano l'arte e la scienza, incarnate e fuse insieme da un genio italiano come Leonardo. Questa è la motivazione alta da spacciare ad un determinato target di conoscenti. La verità è che papà ama profondamente Leo (Lionel) Messi

La nostra reazione, in attesa della conferma, è stata davvero "normale". Per entrambi, che fosse maschio o femmina, importava zero. Nessuna, nessuna preferenza. Volevamo lui o lei, profondamente. 

Un attimo dopo la conferma della morfologica, come era avvenuto per il bicarbonato, a Verona si esauriscono in poche ore le scorte di abbigliamento per bambino di colore azzurro. Irene è tassativa: "Solo cose azzurre... non colori neutri". Chiunque continua a regalarci oggetti di colore neutro viene dichiarato nemico della nazione e mandato in esilio insieme a Romeo, fuori dalle mura di Verona. 

Ed è così, dunque, che inizia un altro pezzo di questo tragitto. Con la consapevolezza che nascerà un maschietto. Che si chiamerà Leo, che avrà due cognomi, che vestirà di azzurro ma soprattutto che sarà accolto da un amore che mai nessuno riuscirà a descrivere perfettamente. Mai nessuno che non sia un genitore.

venerdì 7 agosto 2015

Mamma e papà dal primo momento

Il grafico del consumo di bicarbonato a Verona grazie ad Irene
Test di gravidanza: ok. Esami del sangue/Beta HCG: ok. Prima ecografia: ok. Abbiamo visto il tuo cuore che batteva, forte. E in quel momento ci siamo resi davvero conto che eri con noi. Tutto stava procedendo benissimo. 

Quando nasce un bambino molti lo dimenticano, perché la gioia di oggi appanna i ricordi di ieri. Ma è da quei primi momenti che inizi ad essere genitore. Se, come la nostra, è stata una gravidanza "programmata", ma forse è meglio dire "voluta", la mamma ha già eliminato i cibi non sanissimi e ovviamente non ha più toccato una goccia di alcol (no, nemmeno bagnarsi le labbra). Papà ha iniziato ad avere ancora più premure per la mamma e guarda la sua pancia ogni giorno e si chiede: "ma quando inizierà a crescere?". La mamma, a quattro settimane, la guarda e dice: "è già cresciuta" (...). Entrambi abbiamo iniziato, insomma, a prenderci cura del nostro piccolo da subito.

Irene era negativa alla toxoplasmosi. Per questa ragione il consumo di bicarbonato nella provincia di Verona ha avuto un'importante impennata. Tutto lavatissimo, meccanismi industriali di lavaggio di frutta e insalata ad immersione totale (metti la pesca in un contenitore profondo e la tieni sott'acqua con una tazza da due chili e mezzo per svariate ore). La carne diventa così cotta che se hai la marmellata puoi usarla come fetta biscottata. Il salame da amico fraterno diventa il pericolo pubblico numero 1 e fare il suo nome è punito da 1 a 3 mesi di reclusione.
Ti sei lavato le mani?Sì, certo amore, un minuto fa.Sì ma hai toccato la maniglia del frigo, nel frigo c'è il prosciutto crudo, magari avevi contaminato la maniglia e ora sei infetto!Ok mi lavo le mani. Di nuovo. E per aprire il frigo indosso la tuta anti-radiazioni che ho nella sala sterilizzata del bunker antiatomico in giardino. Non si sa mai. 
Iperboli a parte, Irene è stata bravissima, attenta e davvero metodica nell'evitare qualsiasi pericolo per Leo. Non avendo un gattino non abbiamo nemmeno dovuto curarci della pulizia della lettiera. Però non sono mancati i momenti di panico (dai Irene, raccontiamolo!), tipo quando mangiando un mandarino ha sentito un granello di sabbia sotto i denti (panico, telefonate alle amiche medico e nutrizionista e analisi il giorno dopo). 

Sì, decisamente: è in quei giorni che abbiamo iniziato a diventare papà e mamma. A sentire responsabilità e preoccupazione. E a confrontarci con il tabù tre mesi: la maggior parte degli aborti spontanei avviene in questo periodo. In alcuni casi non puoi davvero far nulla, però puoi mettere in campo molte azioni preventive. Non sono un medico, vi racconto solo la nostra esperienza: Leo doveva "attaccarsi" bene, quindi Irene ha vissuto tre mesi senza troppi stress, e la sua paraplegia ha, paradossalmente, favorito l'assoluta "quiete" del suo utero. In auto occhio alle buche (e a quelli che rischiate di investire quando le evitate). 

Prima dei tre mesi lo abbiamo detto solo ai nostri familiari. E a pochissimi amici. Troppo grosso il rischio che qualcosa andasse storto, troppo il grosso il rischio che la gioia si trasformasse in dramma. Sì, ve lo dicono tutti: nessuna illusione, è presto, aspettate. Però, se fosse accaduto, per noi sarebbe stato un dramma. Perché? Perché, come dicevo, ci sentivamo già papà e mamma del piccolo Leo. Perché Leo non era un embrione ma era già nostro figlio. Se avevamo paura? Sì, molta. Pensavo spesso a Luca Toni, che per il mio lavoro alla radio dell'Hellas Verona vedevo ogni giorno: con sua moglie Marta hanno perso un bambino all'ottavo mese. Sì, avevamo paura.

Poi nausee (confessalo Irene, eri felice di vomitare perché ti sentivi "molto" incinta!), analisi, ecografie e dritti verso il nostro bellissimo percorso che aveva una data presunta di fine: il 21 giugno. Quel giorno Leo sarebbe nato! Quel giorno Leo sarebbe nato! Quel giorno Leo sarebbe nato! Chiaro?

P.s. Abbiamo fatto tant(issime)e ecografie. L'eco era il momento più atteso, era il nostro appuntamento fisso per vederti. Dopo la prima (di cui vi ho già raccontato) ti abbiamo spiato il 5 novembre e il 26. Alle 14.32 di quel giorno ti abbiamo visto per la prima volta in versione #LeoFagiolino. Si vedeva chiaramente (e finalmente) la forma di un bambino con la testona. Ti abbiamo visto dall'alto muovere le tue manine. E ovviamente ci siamo detti che ci stavi salutando. Ma non ci siamo sentiti "più" genitori di prima: ci sentivamo già il tuo papà e la tua mamma, tantissimo, in ogni attimo, dal primo momento.