mercoledì 7 ottobre 2015

Il mestiere di mamma

Mamma Irene mentre allatta
Ci sono cose che puoi raccontare in modo eccellente. Puoi riuscire a farle vivere ai tuoi lettori mentre essi leggono. Puoi far vedere loro, tramite la tua penna, qualcosa che hai vissuto. Ce ne sono altre ("per fortuna" dirà qualcuno) che mai nessuno riuscirà a declinare in parole senza privarle del loro valore reale. Raccontare cosa voglia dire essere mamma, dal punto di vista del papà, è una di queste. 

Leo il 15 ottobre compirà 4 mesi. Mesi di cui ricordo uno per uno i giorni. Mesi in cui ho cercato di esserci il più possibile (riuscendoci, credo). In questo periodo ho ovviamente continuato a lavorare limitando i miei orari, cercando di volare a casa subito dopo, passando spesso per poco elastico o addirittura scansafatiche. No, nonostante questo non posso dire di aver vissuto 24 ore su 24 con lui. Irene sì, lei può dirlo. Ogni ora sicuramente, forse quasi tutti i minuti. Lei lo ha allattato, lo ha addormentato, lo ha calmato, lo ha fatto ridere la prima volta e consolato all'ultimo pianto. Ogni giorno, ogni ora. Anche ora mentre io scrivo. Lei c'è sempre stata. E sempre ha un solo significato. 

Io ci sarei riuscito? L'uomo (io) fa un gesto che una mamma non contempla: quando non riesce a consolare o addormentare il bambino, quando la situazione non è semplice, lo cede alla mamma. Come se ad essa fosse affidato il compito di supplire alle mancanze o incapacità del padre, come se lei (e solo lei) avesse sempre in tasca, come le monete, il modo per risolvere tutto. Io sapevo bene (e da molti anni) che Irene possedeva una forza dirompente. Chi la conosce lo sa, non voglio qui raccontare come e perché sia diventata di ferro senza però perdere la dolcezza. Ma la forza, la determinazione, la dedizione, l'amore e l'intelligenza che servono a crescere un figlio hanno coefficienti altissimi. Che a volte anche donne eccezionali nella vita quotidiana non riescono a raggiungere. Irene, nella sua per me eroica quotidianità, sta eccellendo in ogni aspetto. 

Una mamma è capace di anteporre il proprio figlio a tutto. Sembra una frase fatta. Intendo anche a cose banali: io riuscirei a non dormire 24 ore e rimanere lucido, reattivo e dolce con il mio bambino (che, beninteso, amo più di ogni altra cosa)? Io riuscirei a gestirlo 24 ore su 24? Per non parlare dei sacrifici e dei dolori della gravidanza e del parto (ho bisogno dell'epidurale al solo pensiero). Con tutta sincerità non credo. 

Mi rendo conto che può sembrare un insieme di frasi retoriche. Ma fidatevi: chi non vive accanto ad una mamma non può minimamente immaginare cosa voglia dire essere una mamma. È un lavoro, il più bello del mondo, ma allo stesso tempo il più complesso che possa esistere. Ho la fortuna di avere un figlio che è la gioia e la vita in carne ed ossa, ma ho il privilegio di crescerlo insieme ad una super mamma che non ha paura di nulla e supplisce anche alle mie mancanze di uomo normale. 

Noi italiani diciamo sempre una cosa che fa ridere gli stranieri (sì, anche quelli che truccano le auto): "la mamma è sempre la mamma". Fino a quattro mesi fa era pura retorica, ora è la dimostrazione empirica di un teorema: la mamma è più di metà, la mamma è un po' meno di tutto.

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