Mamma Irene e Leo |
Il mio ultimo post su questo blog
risale allo scorso 28 ottobre. Tre giorni dopo sarebbe stato il mio
ultimo giorno di lavoro e quattro giorni dopo sarebbe iniziato il mio
nuovo incarico di papà a tempo pieno. I giorni trascorsi tra quel post e
quello di oggi parlano da soli. Sono stato splendidamente impegnato h24
con Leo e Irene, e a parte qualche piccolo impegno di lavoro, siamo
stati sempre insieme. Tutti e tre siamo andati in giro, a seguire i
lavori della nostra nuova casa, a scegliere il caminetto, a passeggiare, a goderci il nostro
tempo senza orologio.
Oggi voglio raccontarvi i primi cinque
mesi di Leo, compiuti il 15 novembre. Lo faccio in treno verso
Milano perché a casa forse non avrei avuto tempo, per dire. Sono stati 152
giorni di un nuovo corso. Giorni che vivono di vita propria, ognuno
con un ricordo appiccicato sopra.
Forse è questa la vera “grande
bellezza”: un bambino ti regala qualcosa di nuovo ogni giorno. C'è
una frase ritrita: “ogni giorno una scoperta”: è proprio così.
Per lui e per noi. Dalla prima volta in cui, in modo volontario, con
la manina ha toccato il mio viso, al primo urlo per provare la voce,
alla cantilena rauca; dalla prima risata travolgente e incessante
fino al giorno in cui è riuscito a rimanere seduto da solo. Passando per il
primo cucchiaino di frutta, per la prima vacanza e per altre mille
prime volte. Ma anche per il primo pianto a dirotto, per la prima
notte in bianco, per i primi fastidi dentali e per altre mille prime
volte meno belle ma assolutamente essenziali nella crescita di tutti e tre.
In questi cinque mesi Leo è passato da
3,5 chili a 7,5. Da 54 a 72 centimetri. Ma non è stato l'unico a
crescere. Io e Irene siamo diventati genitori. O meglio: stiamo
diventando genitori. Stiamo crescendo anche noi. Stiamo imparando
ogni giorno qualcosa di nuovo, con stupore e sorpresa quotidiani. Con le nostre cappelle, con i nostri errori,
con le nostre intuizioni. Abbiamo gioito e fatto fatica. Insieme. Con
la salda convinzione che siamo noi a doverci adattare alle sue
esigenze e non viceversa, che quando Leo piange è perché qualcosa
non va e non perché ha il piacere di rompere. Perché “una mamma
lo sa”. Perché “un papà lo sa”.
Io ho la testa in aria. Dimentico le
cose. Sono rilassato. Lascio in giro il telefono. Mi perdo a giocare
in palestrina con Leo. Mi ubriaco di momenti. Questa notte Irene era
andata in bagno. Leo era nel nostro letto e si muoveva, in
dormiveglia. L'ho preso in braccio mentre ero seduto nel letto, a
gambe incrociate. Lui si è rannicchiato in modo quasi fetale e si è
nascosto tra le mie braccia. Era piccolissimo.
Ogni giorno è scandito da un ricordo.
E potrei raccontarvi quello di ieri e quello di ieri l'altro. Perché quando
chiudo la porta di casa nostra, il nostro mondo prende vita e quello imperfetto e psicopatico rimane fuori. Il nostro è un mondo
perfetto e autonomo. So che non sarà sempre così, ma se ci pensi
non lo vivi. E, mentre scrivo, è iniziato il sesto mese. Buona vita a noi.